- La nuova importante infrastruttura, proveniente dal Qatar, sarà gestita da “Napoli Dry Docks”, joint venture fra Nuova Meccanica Navale e Palumbo Group, e permetterà allo scalo partenopeo di raggiungere una posizione di leadership nel settore delle riparazioni navali, competendo ad armi pari con poli cantieristici dislocati in tutto il Mediterraneo
- Rilevante l’impatto economico e occupazionale: su ogni nave in riparazione sono impiegate infatti circa 100 persone al giorno, oltre alle numerose attività dell’indotto
- Andrea Annunziata, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centrale, ha commentato: «L’autorità ha fatto e sta facendo ogni sforzo possibile per far sì che questa infrastruttura, molto importante per il porto di Napoli, possa garantire ancora di più lo sviluppo del settore della cantieristica navale, ma possa soprattutto dare maggiore impulso all’occupazione».
È arrivato nel porto di Napoli, direttamente dallo scalo di Hamad in Qatar, un nuovo grande bacino di carenaggio galleggiante in grado di accogliere navi fino a 230 metri di lunghezza e dotato di una capacità di sollevamento di circa 27.000 tonnellate.
L’importante infrastruttura portuale – gestita da Napoli Dry Docks, joint venture tra La Nuova Meccanica Navale e Palumbo Group Napoli – ha richiesto un investimento privato pari a circa 40 milioni di euro e aumenterà in maniera significativa la competitività dello scalo partenopeo, permettendogli di ampliare la propria capacità di cantieristica navale, in particolare nel settore delle grandi riparazioni, fronteggiando così l’aumentata concorrenza da parte di altri poli nazionali e internazionali.
L’Avvocato Andrea Annunziata, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centrale, ha commentato: «L’autorità ha fatto e sta facendo ogni sforzo possibile per far sì che questa infrastruttura, molto importante per il porto di Napoli, possa garantire ancora di più lo sviluppo del settore della cantieristica navale, ma possa soprattutto dare maggiore impulso all’occupazione».
Il piano d’impresa prevede infatti un’occupazione annuale del bacino di circa 300 giorni, grazie alla presenza di 20-25 navi ogni anno, con una permanenza media di 15 giorni per nave. L’investimento avrà inoltre un impatto occupazionale ed economico rilevante su Napoli e sull’intero territorio, sia diretto che indiretto, considerando che su ogni nave in riparazione lavorano in media circa 100 persone al giorno (250-300 mila ore lavorate ogni anno) e che la gestione di una nave in cantiere coinvolge, direttamente e indirettamente, un elevato numero sia di servizi portuali (piloti, rimorchiatori, ormeggiatori, agenti marittimi ecc.) sia di attività in città (hotel, ristoranti, mezzi di trasporto ecc.), oltre all’approvvigionamento di materiali e di viveri.
Il nuovo bacino (SPP2) sarà dislocato nello specchio acqueo già in concessione alla Napoli Dry Docks al Molo Martello, azienda nata dall’alleanza strategica tra La Nuova Meccanica Navale e Palumbo Group Napoli – operatori storici del panorama marittimo napoletano, consolidati anche a livello internazionale – con l’obbiettivo di rafforzare la competitività dello scalo partenopeo nel settore della riparazione e della conversione navale, proponendo strutture idonee al carenaggio di navi di grandi dimensioni sia cargo sia passeggeri, per attirare l’armamento internazionale con l’offerta di un servizio di alto livello e a 360 gradi.
Il nuovo bacino permetterà a Napoli di raggiungere una posizione di leadership nel comparto e di competere ad armi pari con poli cantieristici dislocati in tutto il Mediterraneo, offrendo inoltre ai soci la possibilità di sviluppare al meglio il loro core business con l’utilizzo a pieno regime delle banchine già in concessione a supporto delle attività di bacino. Questa iniziativa getta dunque le basi per una nuova importante fase di sviluppo dello scalo partenopeo, che rappresenta un polo strategico per i traffici nell’intero Mediterraneo, incentrata sulla ripartenza di un settore di cruciale importanza, come la cantieristica navale, che negli ultimi anni, anche a seguito della carenza di infrastrutture adeguate, ha registrato una significativa perdita di competitività a vantaggio di operatori di altri paesi.